Dalla 150 un’area grigia che va rimossa
Salutata al suo nascere come
uno strumento per dare concretezza all’esigenza di “colloquiare” con i
cittadini, la legge 150/2000 è stata considerata inizialmente la risposta
giusta e moderna per mettere ordine nel settore della comunicazione e
dell’informazione pubblica.
Il giudizio positivo veniva
da una prima superficiale lettura dalla quale emergeva uno schema teorico
pienamente condivisibile: la chiara distinzione tra l’attività di portavoce, addetto stampa e comunicatore.
Si è però subito compreso che
ambiguità e lacune avrebbero messo in difficoltà la sua applicazione. Tra i
diversi punti deboli della legge vi è la stessa istituzione degli Uffici
Stampa: per la PA la loro istituzione non
è un obbligo, ma una facoltà. Altro
elemento di debolezza è l’assenza di sanzioni nel caso in cui non si rispetti
la distinzione tra i tre ruoli così ben individuati. Più che una legge, la 150
è parsa un’esercitazione accademica. Lo
schema proposto è ben pensato, ma, in assenza dell’obbligatorietà di procedere,
è carente sul piano applicativo. In
ultima analisi si presenta più come un consiglio
che un dovere.
Tutto questo ha portato a
multiformi applicazioni lontane dallo spirito della legge. Si è così
determinata un’area grigia dove corretto
si mescola con scorretto e la trasparenza lascia spazio all’opacità. Un’area grigia che parte dalle più alte
istituzioni e si diffonde a macchia d’olio alle più piccole realtà
territoriali.
I ministeri per esempio. Abbiamo potuto appurare, incredibilmente,
che, almeno in uno di essi, il ministero del Lavoro, la figura di capo ufficio
stampa e quella di portavoce coincidono, come a voler dire che informazione e
propaganda sono la stessa cosa. In altri ministeri, molto furbescamente, le
figure sono distinte, ma hanno una sorta di coordinatore il cui ruolo non si fa
fatica a immaginare quale sia.
A livello istituzionale più
basso la situazione nazionale è ancor più anarchica e, in Emilia Romagna, la situazione non differisce dalla media
nazionale. Anche da noi si sono verificati casi offensivi per la dignità del
lavoratore ed episodi di scarsa trasparenza che ci hanno lasciato disgustati e
molto perplessi. Nei bandi soprattutto. Abbiamo
individuato, ad esempio, un bando per addetto stampa del Comune di Solarolo
(RA) che, a fronte di un impegno lavorativo non leggero, una solida esperienza e titoli necessari
elevati per partecipare, come laurea e iscrizione nell’elenco dei
professionisti, offriva un compenso ridicolo, ben … 5200 euro lordi annui.
Un altro recente episodio
riguarda l’ARPA ER che in agosto ha emesso un bando per due incarichi per
attività di comunicazione e informazione per i quali erano richieste lauree particolari
di nuova istituzione, così specifiche da far nascere qualche sospetto.
Non siamo di fronte a fatti isolati, ma a casi che
proliferano indisturbati in quell’area grigia che vogliamo
contrastare ed eliminare. Per
raggiungere questo obiettivo, dobbiamo conoscere quantità e caratteristiche del
fenomeno.
Allo scopo di avere
il maggior numero possibile di
informazioni e di monitorare con costanza la situazione del nostro territorio,
il GUS e l’ASER hanno deciso di
istituire un
Osservatorio Bandi (osservatoriobandi@aser.bo.it)
al quale ogni collega potrà segnalare le anomalie di
cui viene a conoscenza.
L’obiettivo è quello di realizzare
un libro bianco al quale
eventualmente associare una fotografia
degli Uffici Stampa pubblici e privati presenti in regione. La conoscenza della
reale situazione degli Uffici Stampa,
della loro articolazione interna e della tipologia di contratto che hanno coloro
che vi lavorano, costituirà un risultato di grande importanza per definire le possibili azioni che il sindacato
potrà fare a loro tutela e promozione.
Per questo obiettivo siamo
tutti chiamati a dare il massimo impegno.
(Stefano Gruppuso)
Bologna, 24 settembre 2015