Luigi Valgimigli, giornalista pubblicista, è stato per oltre 20 anni redattore della rivista dell'ENI "Ecos".
Si è occupato di comunicazione d'impresa e ha avuto
numerose collaborazioni con aziende pubbliche e private.
Ha svolto attività formativa a diplomandi delle scuole superiori che avevano scelto di affrontare la prova scritta di italiano con la modalità "articolo di giornale".
L’addetto stampa non è un giornalista di serie B
di Luigi Valgimigli
È una considerazione piuttosto
ovvia per i colleghi che si occupano di comunicazione e rapporti con i media in
aziende private o in enti pubblici. Mi è tornata alla mente in questi giorni
ritrovando un ritaglio di un quotidiano degli anni ’90 dello scorso secolo.
Sono riportati due articoli: lo
slip alza-sedere e il superconduttore. Al primo è stato dato grande risalto
mentre il secondo pezzo è limitato a un trafiletto di poche righe. Eppure non
c’è dubbio che la scoperta del superconduttore sia infinitamente più importante
dello slip alza-sedere. Immagino cosa avrebbero pensato gli scienziati e gli
addetti stampa dei Laboratori di Los Alamos, se avessero letto questa pagina. È
una frustrazione che provano gli addetti stampa quando vedono ignorati o
relegati a trafiletti comunicati che riguardano aspetti molto importanti per
l’attività dell’azienda e per il loro impatto sociale.
Evidentemente la redazione del
giornale ha ritenuto più attrattiva per i lettori la notizia dell’alza-sedere
rispetto a quella del superconduttore. L’antica regola “Il cane che morde il
postino non fa notizia mentre un postino che morde un cane merita un titolo” fa
parte della cultura giornalistica da oltre 180 anni. Serve a far vendere il
giornale, ma è anche la strada più facile per il giornalista di un quotidiano
(o di altri media). Non ci vuole grande fantasia per rendere attrattiva una
notizia eclatante. Basta un titolo come “un postino morde un cane”.
Ovviamente non bisogna
generalizzare: i quotidiani e i telegiornali garantiscono ogni giorno
un’informazione corretta e vasta sui principali avvenimenti del nostro Paese e
del mondo, la gran parte degli articoli sono completi, ben scritti, ricchi di
informazioni corrette e di considerazioni intelligenti che lasciano trasparire
una buona cultura giornalistica. La stessa buona cultura giornalistica contraddistingue
la professionalità di molti addetti stampa, impegnati nel difficile compito di
comunicare le realtà complesse che caratterizzano il lavoro quotidiano di
donne, uomini, organizzazioni e collettività che, giorno dopo giorno, creano
valore economico e sociale per il nostro paese. Consapevoli che ciò che è interessante per
l’azienda non sempre lo è anche per i media e per i destinatari finali,
impegnano fantasia e creatività per rendere il più attrattivi possibili titoli,
sommari e testi dei loro comunicati. E anche questo è giornalismo di serie A.
Fino a due-tre decenni fa, la
gran parte delle aziende non chiedeva agli addetti stampa una cultura
giornalistica. Bastava che conoscessero bene l’azienda, sapessero mantenere
buoni rapporti con i media e comunicare in modo corretto gli avvenimenti
aziendali che la direzione riteneva più importanti. Generalmente i testi erano
freddi con titoli puramente indicativi. Il compito di trasformare il comunicato
in un articolo era affidato ai giornalisti dei quotidiani o dei media. Ma i
giornalisti, dovendo redigere il pezzo in tempo rapidi, spesso erano costretti
a riprendere il comunicato con poche variazioni, e l’articolo diventava un
trafiletto nascosto nelle pagine interne.
Negli ultimi anni le cose sono
cambiate per effetto soprattutto di due fattori che hanno inciso profondamente
nell’organizzazione e nella cultura aziendale: i sempre più rapidi cambiamenti
tecnologici, culturali, organizzativi e di marketing e l’utilizzazione della
rete internet in aggiunta ai canali di comunicazione tradizionali.
Tradizionalmente la
comunicazione aziendale era suddivisa fra diverse aree (la pubblicità, delegata
al Marketing, la comunicazione istituzionale e i rapporti con i media delegata
alla Relazioni esterne, la comunicazione interna che faceva capo al Personale).
In genere, non c’era un coordinamento istituzionalizzato fra i diversi settori.
Oggi, la comunicazione delle aziende pubbliche e private si rivolge
contemporaneamente a una molteplicità di pubblici sia all’interno che
all’esterno, le aree sono strettamente collegate tra di loro e, generalmente, fanno
capo ad un unico responsabile della comunicazione. Inoltre è sempre più sentita
l’esigenza di comunicare non solo i prodotti o i servizi ma anche quello che
c’è a monte: la realtà aziendale con il suo patrimonio intangibile di capacità
umane e di intelligenze creative.
I cambiamenti hanno prodotto
una nuova cultura della comunicazione aziendale. C’è una consapevolezza crescente
che, per essere efficace nei tempi lunghi, la comunicazione deve garantire
un’informazione completa, veritiera e trasparente, un impegno che molte aziende
hanno inserito nel loro codice etico.
Questo richiede che i responsabili e addetti degli uffici stampa posseggano
una cultura, un’etica giornalistica, e una credibilità professionale. Una buona cultura giornalistica è inoltre indispensabile
per comunicare realtà che, nelle aziende pubbliche e private, sono sempre più
complesse e dinamiche. Comunicare (cioè “mettere
in comune con un vasto pubblico”) il lavoro silenzioso del postino e di tutta
l’organizzazione di un servizio postale è più difficile che scrivere un
articolo sul postino che morde il cane.
Un’ultima considerazione le aziende non sono “isole” ma parte viva e
integrante del territorio e del Paese. Negli ultimi anni, l’integrazione con il
territorio è diventata sempre più sempre più un punto di forza delle aziende
italiane (per lo più medio-piccole) e delle nostre istituzioni. Dunque quando parliamo di un’azienda
raccontiamo un pezzo di società. E raccontare la società è un’arte, nella quale
- nonostante molti difetti e molte carenze - i giornalisti svolgono un ruolo
fondamentale contribuendo allo sviluppo democratico e sociale delle
collettività. Sono convinto che il
contributo della cultura giornalistica oggi sia più che mai necessario per una
comunicazione efficace, trasparente e veritiera che rappresenta un obiettivo
strategico di quella fetta di società che si chiama impresa. Questo mi sembra un argomento da approfondire,
specialmente in una realtà come quella dell’Emilia-Romagna, dove l’integrazione
tra impresa e territorio è molto sviluppata.